Come Federico ha smesso di "bloccarsi" con la schiena

Umberto Mantovan

9/1/20254 min read

Chi ha sperimentato almeno una volta un “blocco” alla schiena lo sa:

arriva all’improvviso e porta con sé la paura che possa ricapitare da un momento all’altro.

Federico ha vissuto questa esperienza più volte, fino a convincersi che la sua schiena fosse fragile e che piegarsi fosse un movimento pericoloso.

Come tanti, aveva imparato a muoversi con estrema cautela, limitando i gesti più semplici della vita quotidiana.

Eppure i blocchi continuavano a ripresentarsi.

In questo articolo vedremo insieme:

  • Perché i blocchi non sono il segnale di un danno alla colonna.

  • Come le paure e i consigli ricevuti possono trasformarsi in abitudini che alimentano il problema.

  • Quali strategie pratiche permettono di recuperare fiducia nei movimenti e ridurre il rischio che il dolore torni a “bloccare” la tua vita.

Alla fine scoprirai che, proprio come è successo a Federico, è possibile tornare a piegare la schiena, muoversi con libertà e smettere di vivere con la costante ansia di bloccarsi nuovamente.

Mi chiamo Umberto Mantovan, sono un fisioterapista libero professionista e da 5 anni mi occupo di problematiche muscolo-scheletriche.

Nel 2025 è nato il mio studio a Broni (PV) con un’idea precisa: la fisioterapia non è solo terapia manuale, ma un percorso che unisce competenze cognitive, ascolto e comunicazione per restituire alle persone la fiducia e l’autonomia nei movimenti.

E proprio da qui voglio partire, raccontandoti la storia di Federico, che come tanti aveva ricevuto il classico consiglio: “non piegare la schiena, usa le gambe”.

La storia di Federico

Federico ha convissuto per due anni con blocchi ricorrenti alla schiena.

Tutto iniziava sempre nello stesso modo:

si piegava per prendere un oggetto "pesante" e… zac!

Un dolore acuto lo immobilizzava.

Giorni a casa dal lavoro, punture e divano.

Poi il dolore passava e tornava alla sua vita normale, almeno fino all’episodio successivo.

Il dolore non era sempre presente, a volte spariva, altre volte rimaneva come un fastidio sullo sfondo.

Ma quello che stava cambiando davvero era come Federico si muoveva e i pensieri legati alla sua condizione.

La paura di piegare la schiena

Dopo il primo, il secondo e il terzo blocco, Federico era arrivato ad una conclusione “logica”:

“Se mi sono bloccato piegando la schiena, allora non devo più piegarla.”

Inoltre si sa, il consiglio che si dà quando qualcuno ha male alla schiena è sempre lo stesso:

“non piegarti in avanti, devi usare le gambe per sollevare le cose da terra”.

Federico ha quindi smesso del tutto di piegare la schiena per evitare di sentire dolore e di bloccarsi di nuovo...con scarso successo.

La risonanza e la diagnosi

Dopo circa due anni di episodi, Federico ha deciso di rivolgersi al suo ortopedico che gli ha prescritto una risonanza.

L’esito ha mostrato una piccola protrusione discale L4-L5 e L5-S1.

Da lì è nata un'altra convinzione:

“Se ho delle protrusioni, allora i miei blocchi ci sono per colpa loro

E questa convinzione alimentava ancora di più il dolore e la paura di muoversi.

I primi trattamenti: il dolore sparisce, ma non il problema

Dopo la visita ortopedica e la risonanza, ha iniziato un percorso con un fisioterapista.

Il trattamento consisteva soprattutto in terapie passive (come mi ha riportato Federico stesso): massaggi, terapia manuale, qualche seduta con macchinari vari...

Risultato? Il fastidio che sentiva alla schiena è sparito e Federico è tornato al lavoro.

Ma c’era un problema.

Non aveva cambiato nulla nel suo modo di muoversi e di pensare.

Continuava a piegarsi solo con le gambe, tenendo la schiena dritta.

E infatti, alla prima occasione in cui si è chinato “senza pensarci” per sollevare un oggetto… ecco di nuovo il blocco.

Punture, riposo e divano…lo stesso copione di sempre.

A quel punto, consigliato da un amico in comune, Federico ha deciso di venire da me per provare un approccio terapeutico differente.

La sua richiesta era chiara:

“Il dolore va anche via, ma io continuo a bloccarmi. Cosa posso fare per evitarlo?”

La prima cosa che abbiamo fatto insieme è stata una valutazione approfondita: non solo della schiena, ma dei movimenti quotidiani, delle abitudini e delle paure che si erano consolidate negli anni.

Carico progressivo e fiducia nel movimento

Dopo la valutazione iniziale il percorso di Federico è stato chiaro fin da subito e il lavoro si è concentrato su due aspetti fondamentali.

1. Ricostruire la tolleranza al carico

Per due anni Federico ha trattato la sua schiena come se fosse di cristallo.

Questo aveva abbassato la capacità di gestire i movimenti e i carichi quotidiani.

Abbiamo quindi iniziato un percorso di esercizi progressivi, mirati a:

  • piegare la schiena in modo naturale,

  • aumentare la tolleranza al carico.

Dai movimenti più semplici fino a quelli più vicini alle sue esigenze quotidiane, Federico ha cominciato a fidarsi di nuovo della sua schiena.

2. Lavorare sui pensieri e sulle paure

Il secondo aspetto non riguardava solo i muscoli, ma soprattutto i pensieri legati alla sua condizione.

Federico era convinto che i suoi blocchi fossero colpa delle protrusioni viste in risonanza.

Fatte le doverose premesse su ernie e protrusioni, non ho cercato di convincerlo a parole.

Non aveva bisogno di una lezioncina: aveva bisogno di fare un’esperienza diretta.

Il punto è che le paure non si cancellano con una spiegazione.

Per questo motivo abbiamo fatto un percorso in cui il movimento stesso diventava la prova concreta che la sua schiena potesse piegarsi senza bloccarsi.

Solo così, passo dopo passo, Federico è riuscito ad allontanarsi da quel pensiero fisso:

non collegava più i blocchi alle protrusioni, né vedeva il piegarsi come un pericolo.

👉 Ed è stato proprio questo lavoro sul movimento e sui pensieri che ha fatto la differenza per lui.

I risultati

Dopo un paio di mesi di lavoro insieme, Federico è tornato al suo lavoro senza più episodi di blocchi. Ma la vera differenza non è stata solo “non sentire dolore”:

è stata la sua capacità di piegarsi di nuovo con naturalezza, senza quella rigidità, mentale e fisica, che lo ha accompagnato per anni.

La vera differenza tra i due percorsi

Riconsiderando la sua esperienza, Federico ha capito che la grande differenza tra il primo e il secondo percorso è attribuibile a due fattori:

  1. Il lavoro sui pensieri e sulle paure, che gli permetteva di non associare più i blocchi alle protrusioni o al semplice gesto di piegarsi.

  2. La tolleranza al carico, costruita gradualmente con esercizi mirati, che ha reso la sua schiena più forte e pronta a gestire i movimenti della vita quotidiana.

Il trattamento sul sintomo è importante, certo, ma non è sufficiente per far tornare una persona alla normalità.

Ah, giusto per specificare…non ho mai applicato nessuna tecnica manuale o strumentale sulla schiena di Federico.

Giusto qualche pacca sulla spalla quando sollevava con la schiena quei 50 kg come niente.

✍ La tua esperienza conta

Che tu sia un paziente o un collega, raccontami la tua storia: può aiutare altri a capire cosa significa davvero fare fisioterapia.

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Insieme possiamo far conoscere i veri valori di questa splendida professione.